domingo, 25 de octubre de 2009

Joseph de Maistre, il Cristianesimo e La Contro-rivoluzione




Joseph de Maistre
Il Cristianesimo e la Contro-revoluzione

Especiales de La Coalición
:
Especial: Conde Joseph de Maistre

Piero Venturelli

Desde Italia



Nel nostro intervento del 9 aprile 2009, dal titolo “Le due raisons di Joseph de Maistre” (< http://la-coalicion.blogspot.com/2009/04/las-dos-raisons-del-conde-joseph-de.html >), abbiamo cercato di mostrare come il celebre teorico savoiardo caratterizzi i suoi due importanti concetti di ragione individuale e di ragione universale. Durante l’analisi, è emerso che Maistre oppone una raison individuelle che non rispetta alcun vincolo ad una raison universelle che riconosce i propri limiti, una raison individuelle ingannevole ad una raison universelle veritiera, una raison individuelle passionale ad una raison universelle razionale, una raison individuelle sfrenata ad una raison universelle calma, una raison individuelle sovvertitrice ad una raison universelle ordinatrice, una raison individuelle che descrive una natura umana fittizia ad una raison universelle che non perde di vista l’uomo concreto e la storia, una raison individuelle incentrata sul soggettivismo volontaristico del singolo ad una raison universelle che trova conferma nella Parola sacra, nel senso comune e nelle tradizioni. Nel presente contributo, intendiamo focalizzare l’attenzione su alcuni esiti della campagna culturale portata avanti dai philosophes attraverso l’assolutizzazione della raison individuelle.



Maistre accusa il pensiero settecentesco di aver coltivato concezioni “nuove” miranti a privare il genere umano tanto del sostegno della religione cristiana quanto della deferenza nei riguardi del passato; a suo avviso, però, senza queste protezioni l’uomo non è libero, dal momento che il Peccato Originale lo ha reso servo. Il filosofo savoiardo muove dal seguente presupposto: «Le mal n’a rien de commun avec l’existence; il ne peut créer, puisque sa force est purement négative: Le mal est le schisme de l’être; il n’est pas vrai» (Considérations sur la France). Il male non viene da Dio, dunque, ma penetra nel mondo con la colpa di Adamo, rinnovata dai peccati dei suoi discendenti. Maistre si spinge oltre: «L’homme, en sa qualité d’être à la fois moral et corrompu, juste dans son intelligence et pervers dans sa volonté» (Du Pape), è scosso da una lotta interiore fra la sua natura peccatrice e quel frammento di natura divina che è in lui. Ciò porta l’autore savoiardo a porre in risalto come ogni essere umano possa liberarsi partecipando ad una dimensione superiore, cioè all’esperienza religiosa: «Avec la servitude, point de morale proprement dite; sans le christianisme, point de liberté générale» (ivi).

Entro questa cornice teorica, Maistre individua la missione specifica del cristianesimo: l’affrancamento dell’uomo dalla servitù, condizione penosa che deriva dal Peccato di Adamo e che è implicita nell’anarchico manifestarsi dell’istintualità. Garantendo ad ognuno la facoltà di scelta, scrive il pensatore savoiardo, la religione cristiana è in grado di arginare quel determinismo assoluto che tende a privare l’uomo di ogni possibilità di vita morale; sicché, «la grande loi de la destruction violente des êtres vivants» (Les soirées de Saint-Pétersbourg) viene a configurarsi come un principio che assume il carattere di legge di necessità unicamente nei regni animale e vegetale.



Come si diceva, Maistre è convinto che il male fisico e spirituale che tormenta gli uomini, e che non li lascia per tutta la vita, sia la conseguenza della primitiva ribellione di Adamo. La Colpa del Progenitore ha perduto l’intero genere umano per il grande «mistero», inspiegabile ma non ripugnante alla ragione, della «reversibilità dei meriti e delle pene»; secondo questo «mistero», il Peccato originale è passato a macchiare tutti gli uomini, anche quelli all’apparenza innocenti. Nonostante ciò, come spiega il filosofo savoiardo, un altro Uomo, sempre a causa di questo principio, ha reso provvisorio tutto il male dell’umanità: attraverso la Redenzione, il Salvatore è venuto ad indicare nel cristianesimo l’unica via di salvezza, il cammino che conduce al vero bene e al vero ordine; e dunque, è proprio nella ricerca di Dio che la libertà umana riesce a manifestarsi autenticamente, permettendo alla socialità della creatura di esprimersi nella sua forma più elevata e la vita di imporsi nella sua continuità individuale e generazionale, di là da pulsioni di morte e da spinte dissolventi.
Stando all’impostazione teorica maistriana, gli uomini sono attaccati al trono dell’Essere supremo per mezzo di una catena flessibile che li sostiene senza asservirli. Nell’ordine universale delle cose, pertanto, la loro azione sotto la mano divina è libera, a patto che essi acconsentano a muoversi all’interno dei piani sovrannaturali. L’individuo non è in grado di alterare il disegno divino: certamente, egli dispone dei mezzi idonei sia ad ampliare (con difficoltà) taluni confini della natura e della conoscenza di essa sia ad impostare organismi politici plurimi nella loro mutevole storicità, ma non può capovolgere l’ordine generale che esprime l’imperativo dell’eternità. Maistre è perentorio, a questo proposito: «L’homme peut tout modifier dans la sphère de son activité, mais il ne crée rien: telle est sa loi, au physique comme au moral» (Considérations sur la France). Viceversa, chi si spinge oltre i propri limiti naturali nella brama di creare o ricreare ab imis, non fa che ripetere il Peccato originale.



Pretendendo di potere tutto, finanche di scalzare Dio, l’uomo moderno punta ad instaurare il regno della libertà illimitata, ove la ragione, separandosi da tutto ciò che la costituisce, la precede e la circonda, rende assoluto un momento particolare e lo trasforma nell’inizio di un nuovo tempo. In tale quadro, intimamente perversa risulta quindi la rivoluzione: essa viene infatti a rappresentare una novazione tesa a distruggere l’ordine fondato su basi divine e a sostituirlo con un nuovo ordine creato ex nihilo dell’individuo solitario, bellicoso ed egoista. Almeno due sono, a giudizio del filosofo savoiardo, le conseguenze di una tale furia sommovitrice scatenata dagli uomini contro il Creatore. Innanzitutto, egli afferma che la rivoluzione ha in se stessa la propria punizione e negazione. Ciò si spiega in due modi. In primo luogo, la storia mostra sia come le rivoluzioni, pur prendendo avvio da uomini saggi, vengano sempre portate a compimento da folli sia come i suoi iniziatori ne cadano prima o poi vittime sia come gli sforzi dei popoli per conquistare o accrescere la propria libertà finiscano molto spesso col ridurli in catene. In secondo luogo, la rivoluzione (in particolare, quella francese, esaminata da Maistre con più attenzione) si caratterizza come un evento, insieme, diabolico e divino, luciferino e provvidenziale; il pensatore savoiardo non solo osserva che la sedizione armata infligge sofferenze terribili agli uomini, ma rileva che essa, al medesimo tempo, si traduce nel suo contrario, svelando che la Divinità punisce per rigenerare.

Maistre non considera il fenomeno rivoluzionario suscettibile di alcuna “spiegazione” razionale: nulla di semplicemente umano, a suo avviso, avrebbe potuto innescare un processo talmente grandioso. Egli ritiene che gli stessi protagonisti della Rivoluzione francese abbiano in ogni istante palesato qualcosa di passivo e di meccanico perché indotti da un’imperscrutabile Volontà superiore ad operare a vantaggio di obiettivi alieni da quelli coscientemente perseguiti. Del resto, «dans les temps de révolutions, la chaîne qui lie l’homme se raccourcit brusquement, son action diminue, et ses moyens le trompent. Alors entraîné par une force inconnue, il se dépite contre elle, et au lieu de baiser la main qui le serre, il la méconnaît ou l’insulte» (ivi).

Da ciò, l’autore savoiardo trae la conferma che non è il genere umano a guidare la rivoluzione: piuttosto, è essa che «mène les hommes plus que les hommes ne la mènent» (ivi). Peraltro, sebbene sia la rivoluzione a servirsi degli uomini, su costoro grava ugualmente la piena responsabilità di averla scatenata e portata avanti: meritano, dunque, di essere puniti con estrema severità. Paradossalmente, rileva Maistre, gli stessi capipopolo che il movimento rivoluzionario ha nutrito, e gli eserciti che stanno combattendo per il governo repubblicano, hanno agito e tuttora agiscono inconsapevolmente per ristabilire la monarchia, e presto il re futuro potrà, anche grazie alle loro vittorie, risalire sul trono con tutto lo splendore della sua potenza.

Nondimeno, perché vi sia il ritorno all’ordine tradizionale incentrato sulla monarchia di diritto divino, occorre che entri in gioco il secondo importantissimo esito della rivoluzione individuato da Maistre, la «contro-rivoluzione»: nelle sue parole, «le rétablissement de la monarchie, qu’on appelle contre-révolution, ne sera point une révolution contraire, mais le contraire de la révolution» (ivi). A parere del filosofo savoiardo, è necessario che la restaurazione monarchica sia portata avanti con consapevolezza da uomini che, allo scopo di ripristinare l’ordine divino e tradizionale, non esitino ad associarsi saviamente all’Autore dell’ordine stesso. La «contro-rivoluzione», pertanto, assume le sembianze di un’azione positiva che s’ispira alle origini; esclusivamente da queste ultime, secondo l’ottica maistriana, è infatti possibile trarre la forza «rivoluzionaria» e rinnovatrice indispensabile a porre rimedio alla situazione esistente. Di conseguenza, mentre il sovversivo si ribella per distruggere l’ordine tramandato di generazione in generazione, senza accorgersi che contestare la bontà dell’insegnamento degli avi, del culto patrio e degli antichi poteri significa sempre rinnegare se stessi, il «contro-rivoluzionario» onora il sacro e il passato, e considera un dovere rifarsi alla raison universelle, quindi alle tradizioni e all’insegnamento cristiano, per rinsaldare il legame tra uomo e Dio, tra piano naturale e piano sovrannaturale.

La Coalición sigue invitando el IV Congreso Mundial de Metafísica, a celebrarse en la Ciudad de Roma

2 comentarios:

Ricardo Milla dijo...

Estimado Piero:

Es muy bella esta frase que citas: «le rétablissement de la monarchie, qu’on appelle contre-révolution, ne sera point une révolution contraire, mais le contraire de la révolution». De esta manera queda muy claro lo que es ser contrarrevolucionario.

Ahora bien. ¿Sería lícito identificar la "raison individuelle" con la subjetividad moderna-ilustrada y la "raison universelle" con un pensamiento que va "al di là" del sujeto?

Gracias por la colaboración. Siempre son magníficos escritos.

Saludos,
Ricardo.

Piero Venturelli dijo...

Gentile Ricardo,

Ti ringrazio per i complimenti e colgo l'occasione per manifestare qui tutta la mia gratitudine ai membri de "La Coalición", sempre estremamente disponibili nei miei confronti.

(Confesso che mi rammarico di essere poco versato nell'uso del castigliano e di essere quindi costretto a scrivere i testi più lunghi nella mia lingua madre.)

Venendo alle tue affermazioni, in linea di massima credo che Joseph de Maistre sarebbe grosso modo d'accordo con te, a patto che ci si intenda sulle connotazioni che tu dai al concetto di "soggetto".

Un'espressione come "al di là del soggetto" potrebbe essere certamente in linea con le concezioni maistriane. Ma perché fosse davvero in sintonia con esse, questa formula dovrebbe implicare non solo una generica apertura metafisico-teologica, ma anche il ritorno alla storia, alla ri-valorizzazione di ciò che è tràdito, ossia tramandato di generazione in generazione all'interno dei tempi storici.

L'individuo moderno, invece, si pretende autonomo, discentrico, ribelle, e volge le spalle al sacro, al principio d'autorità e alla sapienza tradizionale: si scaglia contro Dio e decide scientemente di interrompere la catena che ha finora legato gli uomini e le società generazione dopo generazione, dall'origine dei tempi ad oggi.

Per utilizzare un lessico che avrà una certa fortuna diversi decenni dopo la morte del Savoiardo, l'individuo moderno non è una "persona", ossia non è un uomo completo: piuttosto, si rivela a tutti gli effetti un essere sbilanciato, in quanto avvezzo a coltivare solo una parte di sé, quella più emotiva ed egocentrica (parte che, oltretutto, non è certamente la più nobile e vicina a Dio).

Satanicamente, l'uomo moderno si pensa creatore e iniziatore di una nuova tradizione che può fare a meno della religione e di quel patrimonio di razionalità dispiegatasi nel passato - e, fra l'altro, incarnatasi nelle grandi istituzioni - grazie al concorso di intere generazioni vissute in rapporto stretto e sincero con Dio, e consce dei limiti intrinseci, costitutivi, della natura umana corrotta dal Peccato Originale. Come si vede, in questo caso non ci troviamo dinanzi ad una tradizione autentica. Questa finta tradizione condanna l'individuo alla solitudine e ad una vita meramente animale: e sarà forse troppo tardi quando egli capirà di aver perso tutto per la propria esclusiva, pervicace e blasfema irresponsabilità.

Un cordiale saluto.

Piero Venturelli

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